Il 17 gennaio nel mondo contadino è l’inizio del Carnevale, nel calendario liturgico è la festa di Sant’Antonio
La Chiesa ha unito il culto del Santo con la benedizione degli animali, un tempo (e neanche tanto remoto) i sacerdoti andavano nelle stalle a benedire gli animali e si posava su una mensolina della stalla l’immagine del Santo raffigurato fra ogni tipo di animale domestico.
Ma un rituale molto più oscuro soggiaceva a questa elezione del santo a Patrono degli animali della stalla e da cortile: l’uccisione degli animali “domestici” con la falce (o il falcetto), chiamata Festa dal gal praticata dal Nord al Sud della nostra penisola e andata per lo più perduta sotto il Fascismo.
Siamo nell’ambito del “sacrificio rituale” del Re -sia lo Scricciolo della tradizione panceltica o il re del pollaio, che si svolgevano in Inverno ma anche nel periodo della mietitura, in diverse regioni europee (come riportato dal Frazer nel “Ramo d’Oro”) nell’ultimo covone di grano era collocato un gallo vivo, o in simulacro, per essere decapitato con un colpo di falce.
Nell’utlimo covone di grano nel Medioevo cristiano si nascondeva la bestia (lo spirito del Grano, la Vecchia), così l’animale veniva cacciato e ucciso perchè manifestazione demoniaca cheavrebbe potuto rovinare il raccolto, mentre un tempo era la concezione naturalistica del sacro che doveva morire per poter rinascere garantendo l’abbondanza alla comunità.
La Festa di Sant’Antonio è tempo di questua rituale qundo le allegre brigate di cantori e musici girano per le campagne a fare incetta di salsicce, formaggio, uova e galline, generi alimentari donati con generosità dai contadini perchè donare significa propiziarsi, per magia simpatica, salute e soprattutto buon raccolto. I canti di Sant’Antonio sono stati tramandati in Abruzzo, Umbria, Marche, Molise e Puglia, insieme a piatti tipici, giochi e falò.
(tratto da ontanomagico.altervista.org)